mercoledì 20 maggio 2009

Tutte le lettere d'amore

Tutte le lettere d’amore sono
ridicole.
Non sarebbero lettere d’amore se non fossero
ridicole.
Anch’io ho scritto ai miei tempi lettere d’amore,
come le altre,
ridicole.
Le lettere d’amore, se c’è l’amore,
devono essere
ridicole.
Ma dopotutto
solo coloro che non hanno mai scritto
lettere d’amore
sono
ridicoli.
Magari fosse ancora il tempo in cui scrivevo
senza accorgermene
lettere d’amore
ridicole.
La verità è che oggi
sono i miei ricordi
di quelle lettere
a essere ridicoli.
(Tutte le parole sdrucciole,
come tutti i sentimenti sdruccioli,
sono naturalmente
ridicole).
F. Pessoa

giovedì 7 maggio 2009

Mia moglie e il mio naso

- Che fai? - mia moglie mi domandò, vedendomi insolitamente indugiare davanti allo specchio.  

- Niente - le risposi, - mi guardo qua, dentro il naso, in questa narice. Premendo, avverto un certo dolorino.  

Mia moglie sorrise e disse:  

- Credevo ti guardassi da che parte ti pende.  

Mi voltai come un cane a cui qualcuno avesse pestato la coda: 

- Mi pende? A me? Il naso? 

E mia moglie, placidamente: 

- Ma sì, caro. Guardatelo bene: ti pende verso destra.  

 

Avevo ventotto anni e sempre fin allora ritenuto il mio naso, se non proprio bello, almeno molto decente, 

come insieme tutte le altre parti della mia persona. Per cui m'era stato facile ammettere e sostenere quel che 

di solito ammettono e sostengono tutti coloro che non hanno avuto la sciagura di sortire un corpo deforme: 

che cioè sia da sciocchi invanire per le proprie fattezze. La scoperta improvvisa e inattesa di quel difetto 

perciò mi stizzì come un immeritato castigo.  

Desiderai da quel giorno ardentissimamente d'esser solo, almeno per un'ora. Ma veramente, più che 

desiderio, era bisogno: bisogno acuto urgente smanioso, che la presenza o la vicinanza di mia moglie 

esasperavano fino alla rabbia. [...] 

Chiudermi potevo soltanto nel mio scrittojo, ma anche lì senza poterci mettere il paletto, per non far nascere 

tristi sospetti in mia moglie ch'era, non dirò trista, ma sospettosissima. E se, aprendo l'uscio all'improvviso, 

m'avesse scoperto? 

No. E poi, sarebbe stato inutile. Nel mio scrittojo non c'erano specchi. Io avevo bisogno d'uno specchio. 

D'altra parte, il solo pensiero che mia moglie era in casa bastava a tenermi presente a me stesso, e proprio 

questo io non volevo. 

Per voi, esser soli, che vuol dire? 

Restare in compagnia di voi stessi, senza alcun estraneo attorno. 

Ah sì, v'assicuro ch'è un bel modo, codesto, d'esser soli. [...] 

Io volevo esser solo in un modo affatto insolito, nuovo. Tutt'al contrario di quel che pensate voi: cioè senza 

me e appunto con un estraneo attorno. Vi sembra già questo un primo segno di pazzia? Forse perché non 

riflettete bene. 


Luigi Pirandello, Uno, nessuno e centomila, Mondadori, Milano, 1978

 

domenica 3 maggio 2009

Non si può evitare.

MI PIACE, NON MI PIACE
Mi piace: l'insalata, la cannella, il formaggio, i condimenti, le paste di mandorle, l'odore del fieno tagliato (mi piacerebbe che un « naso » fabbricasse un profumo simile), le rose, le peonie, la lavanda, lo champagne, le posizioni leggere in politica, Glenn Gould, la birra freddissima, i cuscini piatti, il pane tostato, i sigari Avana, Haendel, le passeggiate moderate, le pere, le pesche bianche o di vigna, le ciliege, i colori, gli orologi, le penne stilografiche, le piume per scrivere, le portate intermedie, il sale crudo, i romanzi realistici, il piano, il caffè, Pollock, Twombly, tutta la musica romantica, Sartre, Brecht, Verne, Fouríer, Ejzengtejn, i treni, il vino Médoc, il Bouzy, avere degli spiccioli, Bouvard e Pécuchet, camminare coi sandali di sera nelle stradine del Sud-ovest, la curva dell'Adour vista dalla casa del dottor L., i Marx Brothers, il serrano alle sette del mattino mentre si esce da Salamanca, ecc.
Non mi piace: i cagnolini lulú bianchi, le donne coi calzoni, i gerani, le fragole, il clavicembalo, Miró, le tautologie, i cartoni animati, Arthur Rubinstein, le ville, i pomeriggi, Satie, Bartok, Vivaldi, telefonare, i cori di bambini, i concerti di Chopin, le bransles della Borgogna, le danze rinascimentalí, l'organo, M.-A. Charpentíer, le sue trombe e i suoi timbali, il politico-sessuale, le scene, le iniziative, la fedeltà, la spontaneità, le serate con gente che non conosco, ecc.
Mi piace, non mi piace: il che non ha nessuna importanza per nessuno; il che, apparentemente, non ha senso. E però tutto questo vuol dire: il mio corpo non è lo stesso del vostro.

Roland Barthes, Barthes di Roland Barthes, Torino, Einaudi ‘80